Riso rosso per ridurre il colesterolo

Perché e come funziona

Riso rosso per ridurre il colesterolo

Il colesterolo è un lipide su cui i riflettori dei principali media sono spesso e volentieri puntati con particolare attenzione e ne è una prova la nostra storia sull’integratore alimentare ArmoLIPID PLUS. Ben noti sono ormai i suoi effetti nocivi sull’organismo, qualora esso sia presente in quantità eccessive nel sangue, ma, volendo essere pignoli, è bene focalizzarsi anche sulle sue funzione fisiologiche, in modo tale da capire come mai si tratti una sostanza così importante per il funzionamento del nostro organismo.

In questo approfondimento vi verrà presentato il ruolo che il colesterolo ha nel nostro organismo e le principali strategie che vengono adottate qualora questa sostanza sia presente in quantità troppo elevate nel nostro sangue (ipercolesterolemia). Esistono infatti differenti approcci terapeutici nei confronti dei pazienti che presentano un’ipercolesterolemia, che sicuramente partono da uno stile di vita sano, con una dieta equilibrata a cui deve essere aggiunta una corretta attività fisica. Quando però ciò non basta è importante prendere misure più efficaci, che sono rappresentate dagli inibitori della sintesi del colesterolo, ovvero le statine. Accanto a questi farmaci si sono sempre fatti più presenti prodotti commercializzati come integratori alimentari, come ad esempio il riso rosso o prodotti contenenti monacolina, che hanno lo stesso scopo delle statine, ovvero inibire la sintesi del colesterolo. Lo scopo principale di questo breve lavoro sarà quello di fare un po’ di chiarezza sul mondo di questi integratori e di tentare di capire cosa ne pensa a riguardo la comunità scientifica.

I mammiferi non devono per forza assumere il colesterolo con la dieta, poiché sono in grado di sintetizzarlo a livello delle cellule che compongono il tessuto del fegato, gli epatociti. Queste cellule esprimono (quindi producono e utilizzano) degli enzimi [1] che catalizzano una serie di reazioni biochimiche che hanno il colesterolo come prodotto finale. Questo aspetto è importante, ci fa infatti capire che il colesterolo non è per forza quel “nemico” a cui siamo abituati a pensare, anzi, il nostro stesso organismo spende tempo ed energie per produrlo. I problemi iniziano a comparire quando i livelli di colesterolo nel sangue sono troppo elevati, ma di questo ci occuperemo in un secondo momento.

 

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Come illustrato nel disegno qui sopra, gli enzimi presentano un sito di legame in grado di legare un determinato composto chimico (che chiamiamo substrato). Legandosi con il composto chimico, l’enzima ha la funzione di favorire una particolare reazione chimica che altrimenti avverrebbe in tempi molto più lunghi. Notare che l’enzima facilita ma non partecipa alla reazione, per cui quando il composto chimico ha reagito l’enzima è libero di “processare” un’altra molecola. 

 

Ad ogni modo, a cosa serve il colesterolo? Probabilmente a molte più cose di quelle che pensate! Basti pensare che le membrane cellulari [2], che a dispetto del nome sono composte da diversi strati, presentano al loro interno questo lipide, che risulta indispensabile per il mantenimento della loro struttura. Il colesterolo è anche il precursore di moltissime sostanze, tra cui gli ormoni steroidei o la vitamina D, che è essenziale per mantenere un corretto metabolismo del calcio e del fosforo. Infine, il colesterolo viene anche impiegato dal fegato per sintetizzare gli acidi biliari, sostanze che, dopo un pasto (soprattutto se ricco di grassi), vengono riversate nel tratto digerente (a livello del duodeno) per facilitare la digestione dei lipidi.

 

Colesterolo e organismo

Il colesterolo non circola come tale nel sangue ma lo si ritrova in agglomerati di lipidi e proteine definiti lipoproteine. Ci sono molti tipi di lipoproteine diverse, ma a noi quest’oggi ne interessano in particolare due: le lipoproteine a bassa densità (LDL) e le lipoproteine ad alta densità (HDL). Le LDL sono tipicamente identificate come “colesterolo cattivo”, infatti esse trasportano il colesterolo ai tessuti periferici e, in particolare, a tutti quei tessuti che presentano dei recettori per queste lipoproteine (ad esempio il tessuto muscolare, il tessuto adiposo o quello delle ghiandole surrenali). Le HDL, invece, sono tipicamente definite “colesterolo buono” perché, dopo essere state prodotte dal fegato (ed in parte anche dall’intestino tenue), entrano nel circolo ematico e raccolgono il colesterolo dai tessuti che ne presentano in eccesso per riportarlo poi al fegato stesso. Questa distinzione è molto importante quando si analizza il profilo lipidico di un paziente, poiché i livelli di colesterolo totale (che sono dati dalla somma del colesterolo presente in tutti i vari tipi di lipoproteine) non sono sufficienti a stratificare il rischio cardiovascolare, serve invece sapere quanto “colesterolo buono” e quanto “colesterolo cattivo” presenta il paziente.

Quindi perché il colesterolo è così dannoso per l’organismo? Sicuramente il motivo più importante è da riscontrare nella correlazione esistente tra livelli di colesterolo e la formazione delle cosiddette placche ateromasiche in un quadro di aterosclerosi. [3] Le lipoproteine possono depositarsi a livello della parete interna dei vasi sanguigni (definita “endotelio”) e qui richiamano degli speciali globuli bianchi, i monociti. Una volta giunti nei pressi di un aggregato di lipoproteine adese alla parete interna del vaso, i monociti si differenziano in macrofagi, che sono cellule in grado di fagocitare [4] altre sostanze. I problemi insorgono quando un gran numero di macrofagi fagocita le lipoproteine ossidate, formando le cosiddette cellule schiumose. I macrofagi, infatti, non essendo in grado di metabolizzare il colesterolo, una volta fagocitate queste lipoproteine vanno incontro a morte. In seguito questo agglomerato di cellule morte si deposita quindi sulla superficie endoteliale, formando una placca ricca in colesterolo. Queste placche tendono, col passare del tempo, ad ingrandirsi e a restringere il lume dei vasi arteriosi, con l’effetto di distribuire meno sangue ai tessuti periferici. Pensiamo al caso delle arterie carotidi, che si trovano ai lati del collo e trasportano sangue ossigenato al tessuto cerebrale: se il loro lume si restringe il paziente avrà un rischio aumentato di incorrere in una serie di manifestazioni cliniche che rientrano nella denominazione di “insufficienza cerebrovascolare”. Inoltre, è anche possibile che le placche ateromasiche vadano incontro ad ulcerazione con conseguente distacco di un trombo che può andare ad occludere un vaso più periferico (nel momento in cui incontra un vaso più piccolo delle sue dimensioni) determinando l’insorgenza di ictus. Sostanzialmente accade che, quando si forma una placca sulla superficie endoteliale di un vaso sanguigno, può succedere che questa si rompa in un punto, liberando nel torrente circolatorio dei frammenti (i trombi) che possono essere causa di occlusioni più periferiche. Queste poche nozioni ci fanno capire quanto effettivamente la prevenzione cardiovascolare debba necessariamente passare anche attraverso un attento controllo dei livelli di colesterolo nel sangue nel corso del tempo.

 

Terapia con statine

Prima di iniziare a parlare della terapia ipocolesterolemizzante, è necessario che vi racconti un paio di fatti inerenti ad un particolare enzima che si ritrova nella via biosintetica del colesterolo, ovvero nella catena di reazioni chimiche che portano alla produzione del colesterolo. Non temete, sarò molto breve e sono sicuro che per voi sarà una passeggiata seguire questo discorso.

Come già sottolineato in precedenza, i mammiferi (e quindi anche l’uomo) hanno la capacità di produrre colesterolo a livello del fegato e quindi la quantità totale di colesterolo nell’organismo non è unicamente influenzata dalla dieta ma anche dal duro lavoro degli epatociti. Questo aspetto risulta particolarmente importante per spiegare come mai in un soggetto con ipercolesterolemia spesso non è sufficiente impostare un regime dietetico adeguato per abbassare i livelli di colesterolo: anche se la quantità totale di colesterolo assunto alimentandosi si riduce, il fegato continua a produrne in eccesso.

Questo problema iniziò a trovare una soluzione tra gli anni ‘70 ed ‘80 con la scoperta di composti contenuti nei funghi, le statine. Le statine sono un valido esempio di ciò che in biochimica viene definito “inibitore”. Gli inibitori sono dei composti in grado di modulare l’attività di un particolare enzima, bloccandone l’attività.

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Se introduco un inibitore nella reazione chimica sono in grado di interrompere la funzione dell’enzima e quindi di rallentare la sintesi di colesterolo: l’inibitore infatti si lega con l’enzima e lo “tiene occupato” negandogli la possibilità di svolgere la sua funzione. Questo meccanismo di inibizione non è tipico solo del colesterolo, può avvenire per qualunque enzima, è per esempio il meccanismo di funzionamento di veleni come arsenico e cianuro che funzionano da inibitori per alcuni enzimi coinvolti nelle reazioni metaboliche… quando si dice che la dose (in questo caso dei prodotti di reazione) fa il veleno!

 

Le statine hanno una composizione chimica molto simile a quella dell’HMG-CoA (che, per i più NERD, possiamo chiamare col suo vero nome, ossia “3-idrossi-3-metilglutaril-coenzima A”), un composto intermedio nella biosintesi del colesterolo. L’HMG-CoA, per poter diventare colesterolo, deve subire una serie di modifiche, tra cui la sua conversione in mevalonato da parte dell’enzima HMG-CoA reduttasi. Quando viene introdotta una statina nel nostro organismo, questa, essendo molto simile all’HMG-CoA (che è il nostro substrato), occupa il sito di legame dell’HMG-CoA reduttasi e ne impedisce quindi il funzionamento. [5] L’enzima, quindi, con il suo sito di legame “ingombrato” dalle statine, non è in grado di convertire l’HMG-CoA in mevalonato e la stessa sintesi del colesterolo si blocca. La scoperta di questi farmaci è stata un grandissimo evento nella storia della medicina: gli anni ‘70-’80 hanno visto la scoperta di un sacco di nuove molecole in grado di bloccare la formazione del colesterolo da parte del nostro organismo e questo ha avuto risvolti importantissimi nella vita dei pazienti con ipercolesterolemia.

 

Riso rosso e Monacolina K

Ma siamo finalmente giunti a parlare del famigerato riso rosso. Grazie per non aver perso la pazienza lungo tutto questo viaggio che si è rivelato talvolta un po’ arzigogolato ma le notizie più succulente stanno per arrivare.

Quando negli anni ‘70 venne scoperta la lovastatina, che è ancora oggi impiegata nella terapia dell’ipercolesterolemia, un grande protagonista fu certamente un fungo, il Monascus purpureus: questo fungo venne infatti utilizzato nella produzione della lovastatina (questo non è l’unico esempio di un farmaco prodotto grazie all’aiuto dei funghi, basti pensare alle penicilline che vengono prodotte dal metabolismo del fungo Penicillium chrysogenum). L’aspetto più interessante della questione è che nel riso rosso fermentato è presente una certa quantità di M. purpureus, che è in grado (tramite un processo di fermentazione) di produrre una serie di elementi chimici definiti “monacoline”. Tra queste monacoline una delle più importanti risulta la “monacolina K”, che presenta una struttura identica a quella della lovastatina. [6] [7]

Sostanzialmente stiamo dicendo che nel riso rosso fermentato e nella pastiglia di lovastatina ci sono delle molecole identiche, che hanno quindi lo stesso effetto farmacologico. Questo aspetto è molto importante perché ci permette di smontare scientificamente la credenza popolare secondo la quale assumere questo tipo di integratori e non una terapia farmacologica controllata, possa essere una soluzione “più naturale” per il nostro organismo. In realtà è l’esatto opposto, poiché assumere il riso rosso con la dieta e assumere la lovastatina è la stessa identica cosa.

Ad ogni modo ci sono ancora una serie di aspetti da analizzare. Innanzitutto, essendo identiche le molecole, oltre agli stessi effetti farmacologici desiderati, potranno essere presenti gli stessi effetti collaterali. [7] Tipicamente gli effetti collaterali più comuni della terapia con lovastatina sono rappresentati principalmente da:

  1. innalzamento delle creatinfosfochinasi (CPK), che sono enzimi presenti nei muscoli e che possono essere usati come marker di danno muscolare;
  2. flatulenza;
  3. dolore addominale;
  4. dolori muscolari;
  5. nausea.

Per alcuni di questi il fatto di assumere una terapia o l’altra non modifica il rischio di incorrere in effetti collaterali e quindi non rende la terapia con riso rosso più sicura di quella con lovastatina.

In secondo luogo, quando un medico somministra un farmaco deve conoscere la terapia farmacologica attuale del paziente, perché molti farmaci possono interagire tra di loro, aumentando o diminuendo la loro efficacia. Quindi se un medico prescrive la lovastatina significa che si è reso conto del fatto che questa terapia può essere assunta dal paziente. Se però un paziente acquista autonomamente del riso rosso fermentato, che ha gli stessi effetti della lovastatina, non è in grado di capire autonomamente se gli eventuali farmaci che sta assumendo possono sussistere in terapia con un inibitore dell’HMG-CoA reduttasi.

Questi due punti sono importanti perché ci fanno capire che una terapia impostata da un medico con un farmaco è sicuramente molto più predisposta al monitoraggio di eventuali effetti collaterali, rispetto ad un assunzione saltuaria di ciò che viene definito un integratore alimentare ma che è dotato di un grande effetto farmacologico.

Un altro aspetto di non poca rilevanza è rappresentato dal costo. Mentre infatti le statine sono farmaci che vengono prescritti e pagati (in parte) dal Sistema Sanitario Nazionale, il riso rosso fermentato, in quanto integratore, è totalmente a carico del paziente.

 

Conclusioni

Analizzando ciò che è presente in letteratura scientifica è possibile riscontrare differenti opinioni sull’utilizzo di integratori alimentari volti alla riduzione dei livelli ematici di colesterolo. Molti autori concordano sul fatto che si tratti di prodotti sicuri che possono essere assunti dai pazienti senza troppo timore nei confronti degli effetti collaterali. [7] Altri autori invece prendono le distanze da soluzioni di questo tipo, soprattutto a causa della variabilità interindividuale nel rispondere a molecole come la monacolina. [6] Infine sussistono anche posizioni “intermedie”, che non demonizzano completamente prodotti come il riso rosso ma che esprimono una serie di perplessità, tra cui la necessità di avere studi clinici più numerosi e su più larga scala e la difficoltà, da parte del medico, di avere un controllo e dei dati di letteratura sufficienti a garantire una corretta terapia per i suoi pazienti. [8] [9]



 

[1] Gli enzimi sono catalizzatori proteici di reazioni cellulari di vitale importanza, sono cioè sostanze che rendono le reazioni biochimiche, che comunemente avvengono tutti i giorni nel nostro organismo, molto più veloci.

 

[2] La membrana che serve come confine tra l’interno di una cellula ed il suo ambiente extracellulare (Karp G., Biologia Cellulare e Molecolare. Concetti ed esperimenti., Napoli, EdiSES, 2013)

 

[3] Chistiakov DA, Bobryshev YV, Orekhov AN. Macrophage-mediated cholesterol handling in atherosclerosis. J Cell Mol Med. 2016 Jan;20(1):17-28. doi: 10.1111/jcmm.12689. Epub 2015 Oct 23. PMID: 26493158; PMCID: PMC4717859.

 

[4] Processo biologico attraverso il quale particelle solide sono ingerite e digerite da alcuni tipi di cellule (fagociti) o da microrganismi. (Enciclopedia Treccani)

 

[5] Endo A. The discovery and development of HMG-CoA reductase inhibitors. J Lipid Res. 1992 Nov;33(11):1569-82. PMID: 1464741.

 

[6] Dujovne CA. Red Yeast Rice Preparations: Are They Suitable Substitutions for Statins? Am J Med. 2017 Oct;130(10):1148-1150. doi: 10.1016/j.amjmed.2017.05.013. Epub 2017 Jun 7. PMID: 28601545.

 

[7] Fogacci F, Banach M, Mikhailidis DP, Bruckert E, Toth PP, Watts GF, Reiner Ž, Mancini J, Rizzo M, Mitchenko O, Pella D, Fras Z, Sahebkar A, Vrablik M, Cicero AFG; Lipid and Blood Pressure Meta-analysis Collaboration (LBPMC) Group; International Lipid Expert Panel (ILEP). Safety of red yeast rice supplementation: A systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Pharmacol Res. 2019 May;143:1-16. doi: 10.1016/j.phrs.2019.02.028. Epub 2019 Mar 4. PMID: 30844537.

 

[8] Banach M, Bruckert E, Descamps OS, Ellegård L, Ezhov M, Föger B, Fras Z, Kovanen PT, Latkovskis G, März W, Panagiotakos DB, Paragh G, Pella D, Pirillo A, Poli A, Reiner Ž, Silbernagel G, Viigimaa M, Vrablík M, Catapano AL. The role of red yeast rice (RYR) supplementation in plasma cholesterol control: A review and expert opinion. Atheroscler Suppl. 2019 Dec;39:e1-e8. doi: 10.1016/j.atherosclerosissup.2019.08.023. Epub 2019 Aug 17. PMID: 31451336.

 

[9] Ong YC, Aziz Z. Systematic review of red yeast rice compared with simvastatin in dyslipidaemia. J Clin Pharm Ther. 2016 Apr;41(2):170-9. doi: 10.1111/jcpt.12374. Epub 2016 Mar 9. PMID: 26956355.