Uno certo scompiglio dopo un tweet

Quando non puoi chiedere le prove perché chi te le potrebbe dare non c’è più.

Uno certo scompiglio dopo un tweet

Uno certo scompiglio dopo un tweet

Chi segue la nostra iniziativa da tempo qualche cosa su di noi immaginiamo che dovrebbe già intuirla. Per esempio, vero che siamo un gruppo tematico del CICAP ma non siamo esattamente il Cicap e non svolgiamo tutte le attività del CICAP! Saprete infatti che noi ci occupiamo di un aspetto particolare del pensiero critico: più nello specifico, noi non siamo debunker, non facciamo articoli per demistificare le affermazioni di qualcuno o sbufalare questa o quella dichiarazione di chicchessia, apprezziamo molto chi lo fa ma noi non lo facciamo. Il nostro scopo principale è quello di invitare le persone a chiedere le prove di quello che sentono o leggono: sull'importanza di questo modo di pensare critico vi rimandiamo all'articolo su di noi nato da un'intervista ad Andrea Ferrero, il coordinatore nazionale del nostro comitato. Poi certo, come forse qualcuno si sarà accorto anche per esempio sui nostri social, apprezziamo non solo chi chiede le prove ma apprezziamo anche chi queste prove le porta quando fa un'affermazione e le porta subito, mentre afferma, senza neanche farselo chiedere: entusiasmante, almeno per noi.

Una questione di approccio

Usiamo un approccio totalmente differente da quello del debunking: i nostri asker fanno una richiesta di prove, per esempio ad un'azienda, a un ente o a una persona, e aspettiamo assieme a loro una risposta. A volte una risposta non arriva e addirittura sui social, occasionalmente, non solo non rispondono ma bloccano subito dopo (almeno per noi, una risposta piuttosto significativa!). Secondo noi sono reazioni immature, che lasciano il tempo che trovano. Noi preferiamo essere più positivi e concentrarci sui frequenti casi in cui una risposta invece arriva. Ed è già un ottimo punto di partenza per un dialogo costruttivo. Alcuni ammettono candidamente che le prove non ce le hanno, sinceri. Molti, anche in assoluta buona fede, portano prove che però prove non sono: non provano niente in realtà, spesso perché non si tratta di studi rigorosi e spesso perché forniscono materiale fuori contesto. Altri invece, una minoranza ma non per questo poco significativa, portano le prove di quello che dicono che nel complesso sono evidenze robuste, da fonti ufficiali, autorevoli, imparziali e soprattutto verificabili: vincitori. Non noi: loro! Hanno le prove di quello che dicono. E le mostrano con orgoglio, com'è giusto fare. E ringraziano pure dell'opportunità che hanno avuto per dimostrare le loro affermazioni. In questo caso, un bel prego almeno da parte nostra ci sta davvero tanto bene.

Capito come funzioniamo? Ce la prendiamo comoda, con calma. Invitiamo i nostri asker a chiedere le prove, qualcuno accetta l'invito e lo fa, chiede le prove e noi assieme aspettiamo una risposta con calma e disincanto. Se non arriva un sollecito magari ci sta tutto e poi se e quando portano le prove allora sì che a quel punto, quando serve verificare i contenuti, diamo la parola ai nostri esperti che possono essere del CICAP stesso, come ad esempio il gruppo di medici del Cicapmed se l’argomento tratta di medicina e salute, ma non solo del CICAP: fortunatamente ne abbiamo parecchi a cui rivolgerci e in moltissimi campi. Abbiamo quindi nel complesso un ruolo piuttosto passivo e chiediamo a voi invece di essere attivi: noi diamo solo una mano, aiutiamo spesso nella formulazione della domanda e in caso di replica cerchiamo di capire assieme a voi la risposta ricevuta. Un atteggiamento da terzi, per intenderci. Distaccato, forse, disincantato nel complesso, siamo solo un tramite. E questo ci permette di aver uno sguardo in prospettiva piuttosto ironico ma nel senso più nobile del termine: bonario e divertito ma senza prendere in giro nessuno. È un raro lusso che almeno noi, nel nostro piccolo, ci possiamo permettere. E che lusso! 

Il tweet “incriminato”

Tre paragrafi introduttivi e ancora non siamo entrati nel soggetto di questo nostro articolo: insomma cos'è 'sta storia di un tweet da scompiglio di cui parla il titolo? Premessa lunga ma doverosa per farvi capire dove vogliamo alla fine andare a parare. Visto il lusso di cui godiamo, e cioè quello di poterci permettere per esempio il distacco di uno sguardo ironico e disincantato, bonario e divertito, ben diverso e solo per esempio da quello spesso istituzionale in genere tipico di iniziative come le nostre, talvolta ci prendiamo il sottile piacere di mostrare alcuni aspetti del rigore del metodo scientifico scegliendo però una via in effetti un po’ goliardica (sì, lo ammettiamo!), molto facile ma secondo noi pure efficace: vignette, umorismo, ironia, fumetti, disegni. Hanno un gran pregio: possono essere mezzi immediati che in un solo attimo svolgono la funzione magari di molte righe di un articolo scientifico comunque corretto e ben scritto (compresi pure i nostri). Lo sanno per esempio bene i nostri lettori su Twitter del lunedì mattina alle 8.30, l'inizio di una settimana lavorativa che cerchiamo di rendere in genere meno traumatico con una vignetta che comunque ha che fare con la scienza e il pensiero critico in genere, tratta dalla nostra rubrica con l’eloquente titolo “Il Buon Lunedì di Chiedi Le Prove!”. Ed eccoci finalmente arrivati alla vignetta di cui volevamo parlarvi: un tweet da scompiglio, un tweet su una questione curiosa e anche un po’ polarizzante. Ha stimolato reazioni a non finire, un'immagine che lascia poco spazio all'interpretazione


                                                        oiYxTEQWvqf6dtwZWNck9qTXOA-9unsLwxFkyxo4gPnfxi0eHIoLScAJOqojj_rzszULT-zBLkPe2Fu41NUayd4oefjtfQ_d1LJXhqeApOGkJBuj7v8YH_7SBgSkRm6mMNFh_gI2PhXtVPuPKhxrrdBvOFviqKweyVRn90g-McYfUk4cjt7BS_ifdDwUgkY_-tY

Il Tweet aveva questo messaggio di presentazione: “Ebbene sì: pare, sembra, si mormora che l'immagine in foto sia tratta proprio dal brevetto originale del 1891: quindi, in buona sostanza, possiamo dire che in linea generale potrebbero esistere le prove per stabilire come va messo. :-)”. Vi lasciamo solo immaginare cosa può essere successo. Però niente di grave, per carità: possiamo dire che secondo noi tutti hanno capito l'ironia di quel post e l'hanno accettato per quello che era ma la discussione non è stata nel complesso meno approfondita e interessante rispetto a quelle di altri temi considerati più seri e, volendo, istituzionali. Qualcuno era felice, altri un po' meno, forse delusi, moltissimi dicevano che l'avevano sempre saputo, alcuni hanno addirittura fatto notare che la questione è talvolta motivo (!) di litigi fra partner. Ma in linea generale ci sentiamo di ammettere che tutti hanno accettato il messaggio per quello che alla fine era: qualcosa che nel complesso poteva essere una prova.

Debunker di noi stessi

Va bene, ma che c'entra la disposizione del rotolo di carta igienica con il rigore del metodo scientifico? C'entra eccome. In scienza contano le prove, come sappiamo, e non per esempio le opinioni, e le prove devono essere da fonte autorevole. E quindi quella fotina presa da chissà dove,quell'immagine e solo di per sé poteva davvero essere una prova? Di solito no, non lo è: non basta una fotina presa per esempio sul web per fare una prova. E in fondo eravamo noi stavolta quelli che affermavano e quindi indovinate un po' l'onere della prova questa volta a chi sarebbe toccato se qualcuno l'avesse chiesto? A noi, proprio a noi. E quel simpatico scompiglio di quel tweet bizzarro e poco istituzionale ci ha dato però un inaspettato e ottimo spunto di riflessione: approfittiamo di questa ghiotta occasione per predicare bene e razzolare ancora meglio e verifichiamo le fonti! Stavolta sì, facciamo i debunker: i debunker di noi stessi, però.

Le prove

L'uso della carta igienica, per quanto ci risulti, è in realtà antico: già lo si vede in Cina nel VI secolo d.C., mentre di carta igienica prodotta in serie cominciamo a parlarne nel XIV secolo e la moderna carta igienica commerciale ha origine nel XIX secolo, con un brevetto per distributori a base di rotoli prodotto nel 1883. 1883! Che noi sappiamo, dobbiamo al signor Seth Wheeler di Albany, New York, l'invenzione del moderno rotolo a strappi che ottenne i primi brevetti statunitensi per la carta igienica e per i relativi portarotoli divenuti poi di uso comune in quel paese appunto nel 1883. La carta igienica dispensata dai rotoli sembra diventare davvero popolare quando la Scott Paper Company iniziò a commercializzarla alla fine del 1800. 

Che l'invenzione sia sua ce lo ricorda anche, ad esempio, il The Northeast Ohio Regional Sewer District: fra i tanti esempi che possiamo trovare abbiamo scelto questo perché in realtà, e come cerchiamo di essere noi, è un ente molto serio, istituzionale. Si tratta di un'autorità locale nel campo della salute pubblica con lo scopo di proteggere le acque usate da più di un milione di persone e anche loro non disdegnano di rendere omaggio con ironia all'inventore di uno strumento che, comunque la si giri, è fondamentale nella vita di tante persone sul nostro pianeta. E provate a indovinare un po' che immagine del brevetto usano nel loro articolo? 

L’immagine proviene da DATAMP che è l'acronimo di Directory of American Tool and Machinery Patents. Nel corso degli anni si è espansa per includere tutti i primi brevetti statunitensi. Fra i quasi 80.000 brevetti attualmente rintracciabili, si trova diverso materiale relativo ai rotoli di carta igienica a strappi. Ad esempio i brevetti dell’azienda Albany Perforated Wrapping Paper Co. Iniziamo dal 1883: US Patent: 272,369. Ahia! Vediamo solo l'immagine del rotolo e dell'inserto cilindrico, presumiamo in cartone leggero come oggi, da inserire nella cavità ma non c'è il portarotolo e quindi forse non ci dice niente riguardo a come va messo! Se verso il muro oppure no. Proseguiamo allora con la ricerca: sette anni dopo nel US Patent: 422,866 l'immagine (in foto 1) della carta che scorre è in realtà, e forse!, verso un ipotetico muro, esattamente l'opposto di quello che abbiamo in genere visto fino ad ora:


                                         kLq_1JuFe3TxQnB5QoOS519BI6oyDJ96-rRgu76T9KDPbaYx53TaoKLvcOO0oEyhQTqlQo5A9i9gtVlEjCEJaD6S9SdpQ1mMsRx_0TWv8r6MN2Da1Q9hdj_CjAn9sgx401uIfvLf7LVKvAWXZahDR5XT2VlKWEjMCOvjLJsMzX9Ux7tU0GtYucQ82_cz-qjpMlE
 

Uhm, qui la trama forse s'infittisce. Vero che in realtà nell'immagine un muro o una parete non ci sono e anche vero che nemmeno qua c'è l'attrezzo in cui quel rotolo oggi va inserito e attaccato poi di solito alla parete per l'uso consono che se ne fa ma l'immagine sembra chiara: la carta scorre dietro. Vero pure che se quell'immagine serve solo a mostrare l'oggetto in sé, e secondo noi è fatta solo per quello (ricordiamoci per favore che sono immagini per l'ufficio brevetti: devono essere chiare per capire il funzionamento dell'oggetto che vogliamo brevettare), allora non è necessario in questa fase mostrare gli eventuali accessori, soprattutto se addirittura non fossero ancora stati inventati. 

Procedendo con la ricerca delle fonti, scopriamo che qualche mese dopo, nell'ottobre 1890, sembra proprio che il signor Wheeler si sia posto il problema di come e dove mettere il suo rotolo di carta igienica a strappi: ed ecco che infatti nel US Patent: 438,457 vediamo (in foto 2) quello che a noi sembra proprio un oggetto molto elaborato ma non molto diverso dai moderni di oggi, anzi, diremmo proprio che finalmente ora vediamo... il portarotolo! E nel disegno ci pare proprio di vedere a destra una linea che potrebbe essere quella della carta che scorre in basso e una freccia che indica proprio la direzione: 


                                                        8K8yXuY9TlWTCwcRK84vXVoS4x207FE0nMl6PQsClf1Vl75EuWDQCJueWTPHy0JvaxcSTG8tqA9mnSmYYhOY5zs6B_SAPCtSMGMWBK6ufnB-40bMGuii5di9s4SspdHKBUreGPqQ_kym1X1Pnc9QjC_4_Nq1bqCH4JN3xdH7_ZsYckoO7kvZXwOcDPMu45KMyiE

 

Discussione

Forse ci siamo: nell'unica immagine che in effetti prevede anche la presenza del portarotolo, e più o meno come potremmo vederla ai nostri giorni di solito in una comune sala da bagno, la carta scorre in basso dalla parte opposta rispetto alla superficie (muro, parete, etc) a cui è fissato il portarotolo

Forse il signor Wheeler, se potessimo oggi chiedergli le prove, potrebbe confermarci che i suoi primi disegni non contemplavano affatto la presenza di un portarotolo e sempre forse per la ragione più semplice: non ci aveva pensato, non si era posto il problema. Magari qualcuno gliel'ha suggerito oppure ci è arrivato da solo successivamente. O forse potrebbe smentirci, dire che in realtà ci aveva già pensato, qualche disegno l’aveva fatto ma per esempio l’idea non la trovava forse utile. Oppure, perché no?, rivelarci che l’idea del portarotolo gli era già venuta e dopo il brevetto aveva cercato di produrla in qualche modo ma forse non erano ancora maturi i tempi… Davvero, chissà cosa ci risponderebbe il signor Wheeler. Possiamo però dormire sonni tranquilli sapendo che fortunatamente non c'è una legge che imponga di appenderlo da qualche parte e come e quindi ognuno di noi, e detto proprio con il cuore, facesse un po' come gli pare e, ‘sto rotolo, lo mettesse come, dove e nella posizione che ritiene più opportuno!

Conclusioni parte prima

E alla fine di questa nostra storia dedicata (apparentemente!) alla posizione del rotolo di carta igienica abbiamo o no le prove per stabilire come andrebbe messo? In finale allora diremmo proprio di sì, secondo noi le prove nel complesso ci sono. Bene. Sembrerebbe proprio che abbiamo raggiunto il nostro scopo: abbiamo cercato di verificare le fonti, abbiamo poi trovato le prove che confermavano la nostra ipotesi di partenza e cioè quella che quella vignetta “presa dal web” potesse ricondurre ad un fatto provato e alla fine le abbiamo trovate. Bravi! Sì, ci diciamo bravi da soli. Uhm… Ma non è che per caso ci stiamo sopravvalutando e, vi possiamo assicurare, saremmo pure in buona fede? In effetti, quella potrebbe essere una prova: potrebbe, e lo sarebbe pure, ma è una sola! Certo, forse abbastanza solida ma sempre solo una resta. Chi ci segue, oltre forse a sapere quelle cose di noi che dicevamo all’inizio di questo nostro approfondimento, forse sa bene pure quanto amiamo le Logiche Fallaci: le trattiamo costantemente sui nostri social e non le trattiamo da un punto di vista filosofico (oltre a non essere debunker non siamo nemmeno filosofi e neanche pretendiamo di esserlo) ma le trattiamo solo ed esclusivamente in relazione ai canoni della nostra iniziativa: prove e loro discussione. Perché la discussione deve attenersi solo ai fatti e deve essere quindi scevra da fallacie e bias cognitivi in genere. E quindi se stavolta, occasione più unica che rara, abbiamo deciso di fare i debunker e addirittura debunker di noi stessi non è che per caso siamo appena caduti in una delle fallacie più invisibili e insidiose che esistano? E per una volta che decidiamo di fare i debunker facciamolo bene: non fermiamoci alla prima fonte che abbiamo trovato! Anche questo, che a noi risulti, fa parte del pensiero critico: un pensatore critico è anche chi pensa laterale e cioè, ed è solo un esempio, è colui a cui non basta una sola fonte anche se autorevole per accettar conferma alle proprie ipotesi e per non cadere appunto sotto i colpi (!) di una delle più temibili fallacie che esistano, il terribile Cecchino Texano: i dati che scelgo (e che soprattutto poi propongo agli altri!) confermerebbero quello che volevo dire e son contento come una pasqua. No. Non è accettabile: quando vi invitiamo a chiedere le fonti e soprattutto a verificarle anche qui può capitare che vi consigliamo sempre di non fermarvi alla prima fonte che vi capita, anche se può sembrare affidabile,ma di cercarne altre. E se lo diciamo a voi dobbiamo farlo anche noi: dobbiamo, e lo ripetiamo con immenso piacere, predicare bene e razzolare ancora meglio. Facciamolo.

Conclusioni parte seconda

Non abbiamo nessun motivo per mettere in dubbio le prove che abbiamo trovato sul database di Directory of American Tool and Machinery Patents ma visto che c'eravamo a questo punto abbiamo provato anche altre strade. E poteva mancare l'onnipresente Google pure in casi di ricerche specifiche come questa e cioè in genere brevetti, invenzioni e affini? Figuriamoci se poteva mancare. Nel Patent US422866 (1890) la striscia di carta è rivolta verso un'ipotetica parete (e ti pareva!), nel US465588A (1891) l'esatto opposto ed è un'immagine che già conosciamo molto bene, conosciamo anche molto bene quella nel US438457 (1890) e dove possiamo vederla anche, e differentemente dalla prima fonte, in tutta la sua completezza: portarotolo e carta che scorre in basso dalla parte opposta rispetto alla superficie a cui è fissato e pure il suo meccanismo interno, in pratica e come già sappiamo più o meno come quelli odierni. E forse, adesso, e alla faccia del Cecchino Texano, possiamo dire che sì, nel complesso, abbiamo, ora più di prima, le prove che quella vignetta messa lì in modo un po’ goliardico potrebbe in linea generale anche corrispondere a un fatto provato. Adesso non abbiamo più un’unica fonte, anche se probabilmente affidabile, ma ne abbiamo due e tutt’e due dicono le stesse identiche cose e almeno a noi paiono entrambi autorevoli. Meno male, va’: e per dirla à la Camilleri, e forse, “ci avevamo ‘nzirtato”. Goliardi, sì… ma con le prove!

PS: E a ‘sto punto, e tanto per complicarci un po' la vita, concludiamo questo approfondimento con un Post Scriptum mostrandovi un'ultima immagine secondo noi molto curiosa: la trovate nel patent US341709 (1886! quindi forse l’idea di un portarotolo…) e, meraviglia delle meraviglie!, quella che potrebbe sembrare una striscia di carta sembra proprio venire dal centro del presunto rotolo: spia la farebbero due dita in fondo al disegno che la tirano da una posizione fino ad ora non contemplata. E pure la forma di quel presunto rotolo almeno per noi è abbastanza inquietante. Ma non vogliamo indagare oltre: quello che volevamo dimostrare nel complesso crediamo di averlo fatto e per ora diciamo che va bene così.