Abbiamo intervistato il coordinatore nazionale del CICAP

La cultura delle prove

Abbiamo intervistato il coordinatore nazionale del CICAP

Le prove possono spesso essere non solo la parte più corposa, ma anche quella più interessante di un messaggio. Pensiamo a un’affermazione apparentemente semplice, come ad esempio “l’idrogeno ad alte pressioni diventa un metallo”. Se guardiamo ad alcune delle prove in letteratura, scopriamo che ci sono studi teorici a sostegno[1], lavori sperimentali che affermano di averlo dimostrato[2,3], altri lavori che lo smentiscono[4,5], e più recentemente un nuovo lavoro[6] che mostra risultati coerenti con l’affermazione. Dalle prove possiamo capire che l’affermazione non ha ancora raggiunto un buon livello di consenso scientifico, e possiamo ottenere molto di più: riusciamo, per esempio, a valutare l’affermazione da più punti di vista. Magari a noi i lavori teorici di Wigner[1] bastavano per convincerci dell’affermazione, ma vedendo lo svilupparsi delle prove possiamo apprezzare meglio le varie sfaccettature che rendono la questione poco chiara. Potremmo anche avere dei bias riguardo all’affermazione, e una rassegna chiara e fedele della letteratura in quel caso potrebbe aiutarci a caratterizzarli, giungendo dunque a una posizione più sobria sull’argomento. Ritengo che questo sia un buon esempio da tenere a mente leggendo le parole di Andrea Ferrero, coordinatore nazionale del CICAP, in questa illuminante intervista che gli abbiamo fatto riguardo al ruolo e l’importanza delle prove. 

               

MN: Dunque, Andrea, grazie per l’intervista. Direi di iniziare: raccontaci un po’ di te, di cosa fai nel CICAP.

AF: Grazie a voi, prima di tutto! Sono nel CICAP da tanti anni, da qualche anno sono coordinatore nazionale e mi occupo nel quotidiano di seguire tutte le attività che facciamo e sostenere i vari coordinatori nel loro lavoro.

Oltre a questo mi sto occupando insieme ad altre persone di dare una struttura organizzativa al CICAP, formando un po’ alla volta un gruppo di persone che a livello nazionale seguano sia la strategia, sia la sua implementazione. Siamo basati in grandissima parte sull’operato dei volontari, tuttavia cerchiamo di diventare sempre più professionali e di migliorare la qualità del nostro lavoro.

MN: Il CICAP è molto articolato come range di attività; tra queste abbiamo Chiedi le Prove che sembra essere particolarmente importante, ma perché? Perché è importante chiedere le prove?

AF: Questa è una questione che mi sta molto a cuore e cerco di spiegarla così: non si tratta semplicemente di smascherare quelli che fanno un’affermazione infondata, è un concetto più profondo di questo. Come sai, viene spesso spontaneo avere discussioni anche molto accese, specialmente su argomenti ad alta tensione emotiva come la politica o, per chi ne è appassionato, il calcio. In questi casi ci arrabbiamo con le altre persone quando non ascoltano le nostre argomentazioni, ma questo problema riguarda anche noi, non solo “gli altri”. Tendiamo tutti ad avere un attaccamento viscerale alle nostre convinzioni e non abbiamo la capacità di valutare il percorso logico che fanno gli altri in maniera distaccata, indipendentemente dal fatto che le loro conclusioni sono diverse dalle nostre. Soffriamo tutti di quello che si chiama il “confirmation bias”, cioè accettiamo molto facilmente le affermazioni che collimano con le nostre idee e siamo molto critici con quelle che le contrastano. Però se non troviamo qualche meccanismo correttivo per la nostra tendenza a fare le pulci a tutti gli altri ma non a noi stessi diventa impossibile avere un dialogo costruttivo.

È qui che chiedere le prove entra in gioco: il concetto è quello di cambiare approccio alla discussione e, anziché cercare di dimostrare agli altri che abbiamo ragione noi, metterci d’accordo con loro sulle regole. Possiamo trattare la discussione come se fosse un gioco di società in cui noi da una parte dobbiamo esplicitare la catena di ragionamenti che ci porta a una conclusione e dall’altra dobbiamo ascoltare quella degli altri, inoltre accettiamo entrambi di non essere creduti sulla fiducia, ma di dover dimostrare le nostre affermazioni. Infine dobbiamo dimostrare le nostre tesi in un modo che appaia valido per gli interlocutori e, allo stesso modo, se loro ci portano degli argomenti che troviamo formalmente corretti, dobbiamo rispettare la regola che in quel caso accettiamo le loro conclusioni, anche se istintivamente non siamo convinti. 

Chiaramente per poter fare questo “gioco” dobbiamo saper creare un po’ di distacco tra le nostre convinzioni più profonde e il modo in cui discutiamo tutti i giorni. Se non impariamo a farlo nessuno cambierà mai idea e le discussioni diventeranno sterili. Dobbiamo invece abbracciare la curiosità verso quegli argomenti che mettono in discussione le nostre convinzioni precedenti ed essere disposti ad accettarli se hanno dei riscontri fattuali. Essere disposti a cambiare idea può essere destabilizzante ma dà anche un grande senso di libertà!

MN: Ma questa capacità di distacco richiede parecchio allenamento mentale. Chi può partecipare a questa iniziativa?

AF: Tutti possono partecipare e non è affatto vero che l’istruzione metta al riparo dagli errori: ci sono anche studi americani [7,8] che mostrano come su argomenti quali il riscaldamento globale o l’evoluzione il fatto di avere un grado di istruzione più elevato della media può rendere ancora più attaccati a convinzioni sbagliate, perché si diventa più bravi a difenderle, ma non ad accorgersi del proprio errore.

Quello che conta è l’atteggiamento, la curiosità intellettuale, il cercare quei fatti nuovi che mettono alla prova ciò che sapevamo e che ci permettono di correggerci. In altre parole, non il desiderio di aver avuto ragione, ma il desiderio di avere ragione in futuro. Non dobbiamo difendere le nostre convinzioni passate, ma essere disposti a correggerle, in modo che le nostre convinzioni future siano giuste (o almeno un po’ meno sbagliate).

Per partecipare a Chiedi le Prove non è necessario avere un particolare titolo di studio e nemmeno essere iscritti al CICAP. L’importante è leggere il breve manuale di istruzioni e capire come comportarsi, sempre con l’idea che nel momento in cui entriamo in questo gioco e chiediamo agli altri di rispettare delle regole dobbiamo rispettarle anche noi.

MN: Da quello che dici è qualcosa che va fatto almeno in due. Se questo atteggiamento non viene reso reciproco e magari dall’altra parte c’è un personaggio famoso, un politico o un’azienda, potrebbero esserci dei rischi legati a chiedere le prove?

AF: In questo caso secondo me il rischio è di aver fatto un piccolo buco nell’acqua, ma è abbastanza innocuo. Potrebbe invece essere un rischio più grande quello di essere strumentalizzati e perdere credibilità.

Faccio un esempio: se noi chiedessimo le prove sempre e soltanto alle industrie e mai agli attivisti o ai politici (e anche se facessimo l’inverso, cioè se chiedessimo le prove solo ai politici e magari solo a quelli di una parte e non a quelli della parte opposta, né ad altri attori della società) potremmo sembrare uno strumento nelle mani di certe fazioni politiche. Possiamo evitare questo pericolo in primo luogo cercando di chiedere le prove a 360 gradi, ma ancora di più coinvolgendo nell’iniziativa persone che abbiano orientamenti e background diversi, in modo che dalla diversità dei partecipanti emerga una pluralità di punti di vista e non ci sia il pericolo di cristallizzarsi su una visione parziale.

Secondo me bisogna fare molta attenzione a questo aspetto, perché Chiedi le Prove come il CICAP deve promuovere un modo di argomentare che sia patrimonio di tutta la società.

MN: Quando menzioni questo “dobbiamo chiedere le prove”, a chi ti riferisci esattamente? A un gruppo di persone, una comunità? Chi chiede le prove?

AF: Con chiedere le prove mi riferisco a tutti: tutti hanno il diritto di chiedere le prove e il dovere fornire le prove agli altri. Tuttavia, per diffondere questa mentalità ci possono essere gruppi più ristretti che possono fare da pionieri. Tra questi gruppi c’è sicuramente Chiedi le Prove ma anche il CICAP stesso.

Va notato che il CICAP non è fatto come regola né da scienziati, né da comunicatori della scienza, né da filosofi della scienza, anche se si occupa di tutti e tre questi aspetti. Naturalmente, ci sono degli scienziati nel CICAP, a partire dal nostro presidente, però di regola non lo siamo: io per esempio non sono uno scienziato. Chiunque può iscriversi al CICAP e diventare un socio attivo, perciò, quando ci mobilitiamo per promuovere questa mentalità non lo facciamo in quanto esperti, non abbiamo nessun titolo per poterci arrogare un’autorità superiore a quella degli altri. Possiamo invece essere consapevoli dell’importanza che ha per la società e la democrazia un dialogo basato sulle prove e non sul principio di autorità e, con tale consapevolezza, possiamo promuovere questo atteggiamento in tutti i settori della società. Possiamo renderci testimoni di questo comportamento virtuoso, ma senza arrogarci nessuna superiorità rispetto agli altri.

MN: In un certo senso chiedere le prove è una faccenda pubblica e quello che hai menzionato è uno dei ruoli che potrebbe avere il CICAP nel dibattito pubblico per condurre questa iniziativa in maniera da contrastare i bias. Ci sono altre azioni che può compiere il CICAP nel dibattito pubblico che verte intorno alla richiesta di prove?

AF: Credo di sì. Credo che dovremmo spostarci sempre di più dal che cosa si pensa al come si pensa. Il nostro obiettivo non è quello di essere una specie di oracolo a cui tu fai le domande e lui ti dà la risposta scientifica. Le cose sono più complicate di così, perché le risposte scientifiche cambiano in continuazione e perché noi non avremmo le conoscenze necessarie per rispondere su qualunque argomento. Possiamo indirizzare meglio i nostri sforzi adoperandoci per promuovere una mentalità scientifica, ossia un modo di ragionare che abbracci l’incertezza, le novità che ci portano a cambiare opinione, il confronto anche con persone con idee completamente diverse purché questo confronto sia rispettoso e fondato sui fatti.

Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo essere interdisciplinari e portare sempre di più nel CICAP le competenze non solo della chimica, della fisica, delle scienze dure, ma anche della psicologia, della filosofia, della storia, della sociologia e così via, per avere uno sguardo il più possibile ampio sui problemi che affrontiamo, uno sguardo che ci permetta di capire la mentalità scientifica nella sua complessità. Dobbiamo aumentare la nostra diversità non solo culturale ma anche di genere e geografica, per diventare sempre più rappresentativi di tutta la società, non solo di una parte. E dobbiamo contrastare la polarizzazione che nella società ostacola il dialogo, cioè la tendenza a frammentarsi in tanti gruppi, ognuno con la sua verità personalizzata e incapaci di confrontarsi; per esempio gli elettori di vari partiti molto litigiosi, gli imprenditori, gli ambientalisti e così via, ognuno con la sua visione parziale. Dobbiamo invece costruire un territorio comune su cui confrontarsi partendo dai fatti per poter prendere decisioni democratiche e condivise. Per questa ragione è importante cercare di non essere di parte ma di ascoltare tutta la società.

MN: Un’interessante visione di insieme che pone CICAP e Chiedi le Prove in un contesto più inclusivo e universale. Al tempo stesso siamo divisi in gruppi tematici: cosa differenzia un gruppo tematico come Chiedi le Prove dal CICAP?

AF: Forse la differenza più importante è che mentre nel CICAP ci vuole una certa esperienza, specialmente per alcuni ruoli più delicati, Chiedi le Prove è un gruppo più “liquido”, di cui si può entrare a fare parte in qualsiasi momento: è sufficiente fare un ask per entrare a far parte della famiglia di Chiedi le Prove. Naturalmente voi avete un gruppo di persone molto affidabili ed esperte che portano avanti lo zoccolo duro del gruppo da anni. Però, nella famiglia più allargata di Chiedi le Prove si può entrare a far parte in qualsiasi momento. 

Un’altra differenza è che Chiedi le Prove si occupa potenzialmente di qualsiasi tema e quindi ha uno spettro di interessi più ampio di quello del CICAP. 

Queste due cose insieme fanno sì che Chiedi le Prove possa avere una partecipazione più ampia e meno vincolante di quella del CICAP. 

MN: Interessante questa menzione di poter partecipare all’iniziativa come asker anche come attività iniziale dei soci appena iscritti! Potresti sviluppare un po’ di più questo punto, dicendo, per esempio, cosa può fare il CICAP per diffondere una cultura delle prove?

AF: A un livello base possiamo far conoscere le regole di Chiedi le Prove, spiegare come fare un ask, quale atteggiamento seguire, chi bisogna mettere in copia, quali obiettivi perseguire. Queste azioni servono per aumentare la partecipazione e raggiungere una massa critica. 

Oltre a questo, a un livello un po’ più profondo, dobbiamo cercare di uscire dalla nostra bolla. Il CICAP ha un gruppo di follower molto affezionati e fedeli dei quali siamo orgogliosi e che ci sostengono da sempre nel nostro lavoro. Tuttavia un’iniziativa come Chiedi le Prove per funzionare deve avere un’adesione e una visibilità molto ampia, quindi dobbiamo riuscire a farla comparire sui giornali, in televisione, su internet, eccetera. Per fare questo dobbiamo avere una modalità più aperta, cercare collaborazioni con altri gruppi sulla base di interessi comuni, avere anche l’umiltà di capire dove forse il nostro approccio ci costringe a rimanere in una bolla dobbiamo cambiarlo per cercare di raggiungere un pubblico più ampio. In altre parole non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo di far conoscere questa iniziativa, che merita di esser condivisa con tutti, a un pubblico più ampio possibile.

MN: Parlando di pensare in grande, o meglio in modo più funzionale dato che spesso le prove non arrivano da aziende italiane o da personaggi pubblici italiani, però possono avere impatto nel nostro Paese, in futuro ti sembra possibile una collaborazione di CICAP e Chiedi le Prove in ambito internazionale, ad esempio con altre associazioni?

AF: Assolutamente sì, sono convinto che sia necessario collaborare con altri enti, sicuramente per Chiedi le Prove, ma anche per le altre iniziative del CICAP, in modo da migliorare la qualità del nostro lavoro. A questo scopo bisogna condividere le esperienze fatte, in modo da imparare dagli errori altrui e crescere tutti insieme, perdere provincialismo e diventare più efficaci. Nel CICAP tra l’altro abbiamo un gruppo che si occupa della collaborazione con gli altri gruppi scettici europei e che ha iniziato a fare delle traduzioni nei due sensi, dall’italiano all’inglese e dalle altre lingue all’italiano, e quindi potrebbe aiutarci per collaborare in questo senso.

Chiedi le Prove, come sai, è nato nel Regno Unito con “Ask For Evidence” e noi l’abbiamo importato, ma non so se negli altri paesi europei ci siano iniziative analoghe. Questo potrebbe essere un terreno su cui lavorare: per alcuni ask particolarmente importanti si potrebbero unire le forze, raccontando quello che hanno fatto gli altri e viceversa. Ovviamente lavorare a livello europeo è un po’ difficile ma stiamo iniziando e credo che in futuro lo faremo sempre di più.

MN: Ultima domanda: c’è altro che vorresti dirci, che ti sembra giusto menzionare?

AF: Prima di tutto mi sembra giusto ringraziarvi per il lavoro che fate, perché avete tanto lavoro ma siete in pochi, quindi il vostro impegno è encomiabile. Inoltre vorrei incoraggiarvi a continuare in futuro senza perdere mai la creatività, applicando senso critico e mentalità scientifica anche a voi stessi, per continuare a trovare stimoli e migliorare sempre il vostro lavoro.

Però più di tutto vorrei ringraziarvi.

 

E noi ringraziamo te Andrea, per le belle parole e il lavoro che fai nel CICAP. 


 

[1] E. Wigner, H. B. Huntington, J. Chem. Phys. 3, 764 (1935)

[2] H. K. Mao And R. J. Hemley, Science 244, 1462 (1989).

[3] M. I. Eremets, I. A. Troyan, Nature Mater. 10, 927 (2011)

[4] arXiv:1601.04479

[5] I. Amato, Nature 486, 174(2012)

[6] P. Loubeyre, F. Occelli, and P. Dumas,  Nature 577, 631–635 (2020)

[7] T. Bolsen, R. Palm. In Oxford Research Encyclopedia of Politics. Oxford University Press. (2019) doi: http://dx.doi.org/10.1093/acrefore/9780190228637.013.923

[8] D. M. Kahan, Advances in Political Psychology, in stampa. Doi: 10.1111/pops.12244

[9] Un articolo divulgativo sull’idrogeno metallico: qui