La favola del pipistrello

Qual è l'origine più probabile del SARS-COV-2?

La favola del pipistrello

“Ma credi ancora alla favoletta del pipistrello?” Questa è la domanda che più di una volta mi sono sentito rivolgere. Ovviamente stiamo parlando delle origini del SARS- CoV-2. Su questa domanda ci si potrebbe scrivere un libro e mette in luce vari aspetti: essa racchiude una profonda ignoranza scientifica ed inoltre ci ricollega a quanto già discusso nel precedente approfondimento: il modo in cui i media trattano le notizie distorce la percezione dei fatti[1]. Secondo l’autore della domanda non è possibile che uno spillover (per chi non avesse familiarità con questo termine, lo spillover si ha quando un virus muta e passa dall’animale all'uomo) possa aver causato tutto questo casino, ci deve essere sotto qualcos’altro! Ma questo è falso come vedremo. 

Facciamo un paio di premesse: è vero che ad oggi non abbiamo ancora la risposta definitiva riguardo l’origine del SARS-CoV-2 ed è anche vero che l’ipotesi a cui si riferisce la domanda con cui abbiamo aperto l’articolo, la fuga da un laboratorio[2], è un’ipotesi che non si può escludere a priori (è già successo, per esempio nel 1967 in Germania, quando a seguito dell’importazione di scimmie dall’Uganda vi fu un’epidemia di Marburg tra gli addetti al laboratorio[3]). Bisogna dire però che la ricerca sul tema è tutt’altro che ferma, e se è vero che entrambe le ipotesi sono possibili, è altrettanto vero che sono ben lontane dall’avere lo stesso grado di probabilità. Cerchiamo di capire il perché.   

 

Perché la fatidica domanda racchiude ignoranza scientifica? Partiamo con il dire due cose per capire di cosa stiamo parlando e definiamo cosa è lo spillover . Come abbiamo anticipato quest’ultimo non è nient’altro che il passaggio di un virus dall’animale all’uomo in seguito ad una mutazione ed è un fenomeno tutt’altro che raro. Una volta che il virus ha imparato a trasmettersi all’uomo ecco che abbiamo una zoonosi, una malattia cioè che può essere trasmessa tra gli animali e l’uomo. Non tutti i patogeni hanno struttura tale da potersi adattare sia all’uomo che all’animale ma spesso capita. Le malattie zoonotiche sono molto frequenti ed infatti gli spillover hanno causato numerose epidemie nella storia ed hanno causato tutte le pandemie del 20.o secolo. Il batterio della peste (Yersinia pestis) passava all’uomo attraverso le punture delle pulci che infestavano i ratti, a loro volta le pulci prendevano il batterio dai mammiferi che infestavano, mammiferi come la marmotta asiatica. L’influenza Spagnola derivava da un uccello acquatico, quella Suina del 2009 proveniva da un allevamento di maiali in messico, la SARS dagli Zibetti delle Palme, la MERS  (Sindrome Respiratoria Mediorientale) dai dromedari, la febbre emorragica di Marburg dai Pipistrelli, L’Hendra Virus dai pipistrelli (stranamente passava all’uomo solo dopo aver infettato i cavalli. Vi sono alcune ipotesi su questo.), il Nipah virus deriva dai pipistrelli della frutta[4]. Insomma, gli spillover ci hanno sempre riguardato da vicino e ci riguarderanno da vicino sempre di più. La globalizzazione, i cambiamenti climatici, il commercio di animali e la deforestazione…sono tutti fattori che potranno fare in modo di aumentare il rischio di incontro tra animali e uomo, aumentando le probabilità di uno spillover. Specie di animali che non si erano mai incontrate prima, potrebbero arrivare a incontrarsi per via di migrazioni forzate causate dal cambiamento climatico. Anche la deforestazione per esempio, potrebbe indurre gli animali a migrare per cercare luoghi più ospitali in cui vivere, arrivando ad incontrare gruppi umani da cui un tempo erano lontani. Da qui potranno arrivare nuove occasioni di spillover[5]. Contrastare il cambiamento climatico, la deforestazione e la perdita della biodiversità ha quindi un impatto anche sul rischio di zoonosi. 

 

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Infografica con le pandemie del 20.o secolo e relative morti, tutte causate da zoonosi. Questo dovrebbe dare un’idea dell’impatto che gli spillover hanno sulla nostra vita. FONTE: qui   



Esula dallo scopo dell’articolo ma è chiaro che gli spillover sono una priorità e che dovremmo prepararci a far di tutto per prevenirli e per essere pronti in caso di una nuova pandemia. Questo dovrebbe comportare anche il rafforzamento della capacità di farvi fronte da parte del sistema sanitario e una sorveglianza ancora maggiore riguardo i patogeni circolanti nelle popolazioni animali. Non per nulla i biologi passano notti all’addiaccio a campionare pipistrelli (vedi nota 4)! 

 

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CC BY-SA 3.0. Un pipistrello della frutta, animale serbatoio del virus Nipah. 

 

Fatte queste premesse occupiamoci del SARS-CoV-2, abbiamo detto che una risposta definitiva ancora non c’è riguardo ma qual è l’ipotesi più probabile? 

L’OMS all’inizio del 2021 ha lanciato un’indagine epidemiologica per cercare di risalire alle origini del SARS-CoV-2, essa è durata dal 14 gennaio al 10 febbraio e prevedeva un team misto tra una delegazione internazionale ed una cinese[6]. L’ipotesi più probabile che ne è emersa è il passaggio del virus all’uomo attraverso un ospite intermedio non ancora identificato. Cerchiamo di capire il perché. Non si sono trovati, ad oggi, virus abbastanza simili per supportare l'ipotesi di uno spillover diretto dal pipistrello, anche se è una via considerata possibile/probabile.

Il RaTG13 è un coronavirus scoperto nei pipistrelli e simile al SARS-CoV-2 per il 96.2%. A prima vista questo potrebbe sembrare tanto, ma non è abbastanza per essere lui il responsabile dello spillover. Inoltre non condivide alcune caratteristiche chiave[7].

In Cambogia nel 2010 sono stati isolati altri coronavirus interessanti, meno simili al SARS-CoV- 2 ma che condividevano in parte alcune caratteristiche, come il sito di scissione della furina ( un enzima la cui presenza facilita la fusione del virus con la cellula rendendolo più infettivo).

Nei pangolini in Malesia e Cina invece (ecco perché si è parlato dei pangolini) altri coronavirus condividevano la struttura di amminoacidi relativi ad alcune proteine chiave. Come la proteina N che rende stabile l'RNA del virus. Altre come la M e la E sono coinvolte nell’assemblaggio del virus. La S è la proteina spike, quella che permette al virus di legarsi ai recettori delle cellule e di entrarvi.[8] Il virus pangolin-CoV-GDC mostra una somiglianza nelle proteine E,M,N e S del SARS-CoV-2 rispettivamente del 100%, del 98.6%, del 97.8% e del 90.7%. 


Insomma, manca la cosiddetta pistola fumante ma la via dello spillover attraverso un ospite intermedio è la più solida ed è quella considerata più probabile nel report. In seconda posizione lo spillover diretto dai pipistrelli, al terzo l'introduzione tramite catena del freddo (vale a dire tramite i surgelati) e all'ultimo e molto in fondo l'incidente in laboratorio.

Da dove viene il SARS-CoV-2 quindi? Potrebbe derivare da un virus che si è evoluto nel tempo in ospiti intermedi oppure da ricombinazione.

Il fatto che alcuni coronavirus presentino caratteristiche chiave simili al SARS-CoV-2 potrebbe essere solo convergenza evolutiva. Oppure il SARS-CoV-2 potrebbe derivare da una ricombinazione di più coronavirus (due virus ospiti dello stesso animale si possono "rimescolare"). Ad esempio potrebbero essersi ricombinati coronavirus simili al RaTG-13 e a al coronavirus del pangolino (ci sono evidenze in merito, vedi il report citato in nota 5). 

L’ipotesi del laboratorio è stata considerata estremamente improbabile, in quanto non è stata trovata nessuna evidenza di virus abbastanza simili al SARS-CoV-2 nei laboratori cinesi di inadeguate misure di sicurezza nei laboratori o di personale infetto con sintomi sospetti nel periodo precedente la scoperta dei primi casi.  

Successivamente alla pubblicazione del report vi furono alcune polemiche. Il team di studio venne accusato di non aver dato abbastanza importanza all’ipotesi del laboratorio, cosa rigettata dagli stessi autori dello studio[9], come abbiamo detto inoltre questa ipotesi è stata presa in considerazione e discussa nel report. Polemica più sostanziosa riguardava il rifiuto della Cina di fornire sufficienti informazioni riguardo 174 casi individuati nelle fasi iniziali della pandemia per via di barriere legali, in quanto l’accesso a quei dati non era specificato nel mandato dei ricercatori e avrebbe potuto mettere a rischio la privacy dei pazienti. I ricercatori tuttavia (vedi nota 8) hanno affermato che in ogni caso era improbabile che si trattasse dei primi casi di coronavirus e che quindi non avrebbero avuto un ruolo urgente nella questione sulle origini del SARS-CoV-2. Hanno detto inoltre che in una successiva fase di studio la questione sarebbe stata risolta. 

I ricercatori hanno anche aggiunto che a causa dei media l’ipotesi della fuga dal laboratorio e dello spillover agli occhi del pubblico hanno assunto un’equivalenza che in base alle prove non hanno. 

Ennesima critica riguardava l’assenza di evidenze riguardanti la vendita di mammiferi vivi al mercato di Wuhan. Tuttavia successivamente alla pubblicazione del report, fu pubblicato uno studio che documenta la presenza di mammiferi vivi al mercato nel periodo precedente la pandemia[10]. Lo studio, iniziato nel 2017 per altre ragioni, scagionava inoltre pipistrelli e pangolini (il commercio di questi animali è praticamente cessato in Cina). Questa scoperta confermava le ipotesi del report. 

 

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By U.S. Fish and Wildlife Service Headquarters - Manis temminckii, CC BY 2.0.Un Pangolino in posizione difensiva: “io non c’entro con la pandemia vostro onore!” -“Ne è sicuro? Lei ha giurato sull’Origine Delle Specie”.  


Ulteriore colpo all’ipotesi della fuga veniva dato da un’altra scoperta, ovvero che a inizio pandemia i ceppi di coronavirus erano probabilmente 2[11], vi sarebbero stati quindi 2 spillover[12]. È quindi improbabile che il virus sia fuggito da un laboratorio 2 volte. 

Di recente il cerchio si è ulteriormente stretto. Uno studio ha scoperto, attraverso campionamenti ambientali, che in una zona ben precisa del Wet Market di Wuhan, precisamente quella ovest, sono stati ritrovati campioni positivi al SARS-CoV-2. In particolare la maggior parte dei campioni è stata ritrovata nella zona in cui venivano venduti i cani procioni, già noti per essere serbatoi di coronavirus[13]. Non sono stati ancora trovati virus nei procioni ma potremmo essere sulla buona strada. 

Avremo mai la risposta definitiva? E chi lo sa! Cercare l’animale serbatoio o l’ospite intermedio[14] nel mondo animale è come cercare un ago in un pagliaio. Bisogna campionare e testare un gran numero di specie animali su un territorio molto ampio. L’impresa non è quindi semplice. Una ricombinazione di due coronavirus in un ospite intermedio, magari in una popolazione animale circoscritta, potrebbe sparire senza lasciare traccia. E potremmo non trovarlo mai. Il fatto che non ci siamo ancora arrivati tuttavia non deve farci demordere. Con la SARS, la risposta definitiva è arrivata ben 14 anni dopo! Si continuerà a cercare e non sarà solo curiosità. Saperne il più possibile è fondamentale. In vista del pericolo crescente di pandemie ci vogliono più informazioni possibili per essere pronti ad affrontare la prossima. 

Per indagare oltre riguardo le origini del SARS-CoV-2 e molto più in generale per studiare e monitorare le malattie emergenti l’OMS verso la fine del 2021 ha formato il SAGO (Scientific Advisory Group for the Origins of Novel Pathogens), formato da 25 esperti in varie discipline come virologia, ecologia, veterinaria, microbiologia etc. Il SAGO si è riunito per la prima volta il 24 novembre[15].

Il 9 giugno il SAGO ha prodotto il suo primo report [16], il quale non fornisce delle risposte, ma fa il punto della situazione e indica la direzione che le ricerche dovrebbero prendere. Partendo da quanto abbiamo detto in apertura di articolo, vale a dire che non abbiamo ancora una risposta definitiva riguardo l’origine della pandemia, il report individua sei aree in cui dovranno essere condotte ulteriori ricerche per cercare di arrivare ad una risposta (le raccomandazioni valgono per qualsiasi virus emergente), queste comprendono: 

  • Investigazione sui primi casi, basandosi in particolar modo su campioni biologici raccolti al tempo dello scoppio dell’epidemia. 

  • Studi umani, vale a dire l’ottenimento del più alto numero di informazioni epidemiologiche possibile sui primi casi e sulle presunte catene di trasmissione. L’approccio che dovrebbe guidare questi studi si basa sul tempo, sul luogo e sulle persone, si mira quindi a individuare i casi, il probabile luogo di contagio e il tempo in cui questo è avvenuto. Queste informazioni, ottenute soprattutto grazie alla vigilanza sanitaria, possono essere utili per nuove ipotesi. 

  • Studi su animali. Riguardano in particolare il testare animali domestici e selvatici, per capire quali potrebbero essere gli animali serbatoio e quelli suscettibili al virus.

  • Studi ambientali, vale a dire il campionamento di superfici e luoghi a rischio( come il Wet Market di Wuhan) e studi retrospettivi (ci sono studi che farebbero pensare che il SARS-CoV-2 circolasse già prima di dicembre 2019 fuori dalla Cina, ma non sono conclusivi e andrebbero approfonditi). 

  • Studi genetici: rafforzare il sequenziamento genetico delle varianti può offrire nuove informazioni riguardo l’evoluzione del virus. 

  • Studi riguardanti il rischio di incidenti in laboratorio: per poter escludere completamente queste ipotesi occorre la pubblicazione da parte dei laboratori di ogni attività svolta e un report dettagliato sulla biosicurezza adottata, su eventuali incidenti e sullo stato di salute degli addetti. 

Il report prosegue con un riassunto dettagliato di tutti gli studi svolti in particolare sul SARS-CoV-2 e continua fornendo indicazioni più specifiche riguardo le ricerche da svolgere (per esempio un’analisi più approfondita dei 174 casi di cui parlavamo sopra). Chi volesse approfondire può farlo leggendo il report in nota 16. 

Rimane molto lavoro da fare, tuttavia il report conferma quanto finora emerso, vale a dire che lo spillover rimane l’ipotesi più probabile. Ribadisce inoltre l’importanza di questi studi, al fine di prevenire il più possibile nuove pandemie. 

Come disse Michael Ryan, capo del programma emergenze presso l’OMS, il COVID non è necessariamente il “Big One”[17].   


Bibliografia

[1] https://www.chiedileprove.it/story/142

[2] Bada bene, parliamo comunque di fuga accidentale e non di manipolazione artificiale. Quest’ultima veniva scartata fortemente da un paper pubblicato su Nature a marzo 2020. In breve, la struttura del virus non è compatibile con una manipolazione. https://www.nature.com/articles/s41591-020-0820-9  

[3]https://www.epicentro.iss.it/marburg/ 


[4] Per approfondire “Spillover” di David Quammen 

[5] Articolo Nature

[6] Pubblicazione WHO

[7] Articolo Nature 

[8] https://www.scientificamerican.com/interactive/inside-the-coronavirus/ 

[9] Articolo Nature

[10] Articolo Nature 

[11] Articolo Nature

[12] Se vi sembra strano, considerate che il virus dell’ HIV è passato all’uomo attraverso le scimmie in 12 differenti occasioni. Uno di questi ceppi. il virus HIV di tipo 1, sottotipo M, è il più virulento ed il più diffuso, ed è responsabile della pandemia di AIDS. Deriva probabilmente dallo Scimpanzè.  FONTE: Spillover. 

[13] Articolo Nature

[14] Animale serbatoio: l’ospite ancestrale nel quale il virus si è evoluto, e in cui esso convive in maniera permanente. 

Ospite intermedio: animale suscettibile all’infezione a partire dal quale parte il contagio verso l’uomo. Detto anche “fonte” dell’infezione. 

A volte i due concetti coincidono. 

[15] https://www.who.int/groups/scientific-advisory-group-on-the-origins-of-novel-pathogens-(sago) 

[16] https://www.who.int/publications/m/item/scientific-advisory-group-on-the-origins-of-novel-pathogens-report 

[17] https://www.nytimes.com/2020/12/29/world/who-covid-pandemic-big.html