Il grano Khorasan

Ha effetti benefici sui malati oncologici?

Il grano Khorasan

La trasmissione giornalistica di RaiTre Report, nella puntata andata in onda il 7 giugno 2021, si è occupata di alimentazione. Uno dei protagonisti è stato il grano khorasan.

I giornalisti di Report hanno spiegato [1] come il famoso “Kamut”, un prodotto che vanta un notevole successo commerciale nel nostro Paese, sia in realtà solo il marchio di un’azienda americana. La tipologia di grano alla base del Kamut si chiama khorasan e l’Italia è un importante produttore di questa varietà.

Questo cereale fra l’altro viene presentato come un “grano antichissimo”, senza specificare cosa questa espressione voglia significare e cosa comporti dal punto di vista del consumatore.

Riprendendo il contenuto della trasmissione sui Social, nel profilo Facebook di Report è stato pubblicato un video [2] intitolato “Il grano khorasan ha effetti benefici sui malati oncologici”.

Il video contiene un’intervista al prof Massimo Bonucci (presidente ARTOI, Ricerche Terapie Oncologiche Integrate), il quale “ha sperimentato questo grano a base della nutrizione su 56 malati di tumore al polmone per tre anni”.

Secondo le parole del prof. Bonucci, i pazienti avrebbero sperimentato “un miglioramento della qualità della vita e del sistema immunitario” e una “sopravvivenza migliore”. Tutto questo “mangiando pasta, pane, crackers, biscotti e fette biscottate di khorasan”.

Il prof. Bonucci specifica che non si tratta di una dieta ma di una nutrizione “a base di pesce, vegetali, cereali e grani antichi, in questo caso khorasan”.

Sia le dichiarazioni del professore che il titolo del video proposto da Report non lasciano spazio ad alcun dubbio: nutrirsi con grano khorasan migliora le condizioni dei pazienti oncologici. Un’affermazione molto decisa che ha destato l’interesse di un nostro lettore, Emanuele, che si è posto qualche domanda: quanto khorasan occorre mangiare per ottenere dei benefici? Cosa deve comprendere questo regime nutrizionale oltre al grano khorasan? Ma, soprattutto, ci sono solide basi scientifiche in grado di giustificare quest’affermazione?

Emanuele ha così scritto alla redazione di Report per richiedere qualche link a degli studi scientifici in grado di confermare il contenuto del post pubblicato su Facebook.

La redazione della trasmissione di RaiTre ha risposto alla richiesta inviando in allegato l’articolo [3] relativo allo studio citato dal prof. Bonucci.

Si tratta di un articolo pubblicato nel 2020 sulla rivista “Asian Journal of Oncology”. Leggendo l’articolo salta subito all’occhio che non si tratta di uno studio clinico ma di uno studio osservazionale.

Uno studio clinico è realizzato con un preciso scopo (ad esempio, valutare l’efficacia e la sicurezza di un nuovo farmaco o l’efficacia di una differente somministrazione di un farmaco già in commercio) e deve avere, per quanto possibile, delle determinate caratteristiche dal punto di vista metodologico (ad esempio, deve avere un gruppo di controllo ed essere svolto in “doppio cieco”).

Per ulteriori chiarimenti sugli studi clinici vi rimandiamo ad una utile scheda realizzata da AIRC. [4]

In uno studio osservazionale invece i ricercatori devono “semplicemente” annotare ciò che avviene nel corso della ricerca. Non c’è quindi un’ipotesi da verificare o un gruppo di controllo.

Stando così le cose, l’affermazione di Report non sarebbe giustificata da nessuno studio clinico ma semplicemente da uno (uno solo) studio osservazionale.

 

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                     Spighe di grano, Credit: Alberto Olivucci - CC BY 3.0  

 

In base a quanto riportato nella sinossi dell’articolo, l’alimentazione dei pazienti “è stata definita in modo da ridurre la maggior parte dei fattori che incidono sulla proliferazione dei tumori, infiammazione e obesità”.

La dieta prevedeva “integratori vegetali contenenti principi attivi con effetti noti sul cancro ai polmoni”. “Inoltre, sono stati somministrati funghi curativi e altre sostanze per migliorare il sistema immunitario e ridurre gli effetti della chemioterapia”.

L’articolo contiene quindi una tabella con i cibi che sono stati eliminati dalla dieta: carne rossa e bianca, latte e derivati, soia, solanacee (quindi patate, pomodori, melanzane, peperoni), peschi grandi, zuccheri.

Per contro, i cibi ammessi sono: legumi, uova, pesci di taglia piccola (acciughe, sogliole, spigole, tonnetti), verdure di stagione, grani biologici, grani antichi, khorasan, frutta secca, latte vegetale e altri, più alcuni integratori.

Si vede quindi che lo studio non è dedicato unicamente a valutare gli effetti dell’alimentazione a base di khorasan in quanto quest’ultimo è solo uno dei tanti cibi suggeriti da assumere durante lo studio. L’eventuale risultato andrebbe quindi riportato su tutta la dieta in toto e non su un singolo componente, visto che non è possibile determinare l’eventuale peso del singolo alimento sull’esito complessivo.

L’articolo prende in considerazione 57 pazienti ma solo 23 di questi sono stati osservati dopo un anno dall’inizio dello studio mentre i pazienti per i quali è stata eseguita una valutazione alla fine del secondo anno sono solamente 12.

Le conclusioni a cui giunge l’articolo sono quindi che “la terapia integrativa potrebbe avere effetti benefici in pazienti con cancro ai polmoni. Anche se ci sono delle limitazioni, lo studio suggerisce che la terapia integrativa potrebbe migliorare lo stato nutrizionale e la qualità della vita dei pazienti”.

Si tratta certamente di un’affermazione piuttosto diversa da quella espressa dal prof. Bonucci e riportata da Report. Si passa dal “ha effetti benefici” al “potrebbe avere”, dal “grano khorasan”, alla “terapia integrativa”, dai “malati oncologici” ai “pazienti con cancro ai polmoni”.

Poiché si tratta comunque di un argomento estremamente specifico, abbiamo chiesto una valutazione dello studio al CICAPMed, il gruppo tematico del CICAP, composto da dottori in varie discipline, che si occupa esclusivamente di tematiche mediche,

Abbiamo così ottenuto i seguenti contributi.

 

Dottor Giuliano Parpaglioni – Nutrizionista

Il grano khorasan è solo uno degli ingredienti usati per la dieta base degli ammalati, non viene mai menzionato nel corpo dell’articolo, solo in una tabella in cui si fa cenno a quali tipi di alimenti sono ammessi nello studio e quali alimenti invece vanno evitati.

È evidente che nello studio si voglia parlare dell’effetto combinato sia della dieta con certi alimenti (di cui khorasan è solo un elemento, e nemmeno obbligatorio) sia degli integratori di funghi ed erbe varie.

Devo notare che lo studio si interrompe a 24 mesi e si passa da 57 casi a 12 al follow-up al 24esimo mese. Nell’articolo si dice che per la maggior parte dei casi non si tratta di abbandoni causa morte, in ogni caso il punto è che il campione è estremamente piccolo, probabilmente buono come prima indagine.

Quindi abbiamo:

- una vasta introduzione sulle erbe, i funghi, i prodotti fitosanitari vari utilizzati

- delle indicazioni su quali alimenti possano far male e che quindi vanno evitati durante il trattamento e quali invece sono utilizzabili

- la parola khorasan presente solo in un elenco specifico dei tipi di cereali ammessi, e in nessuna altra parte, come possibile alternativa alle scelte alimentari dei pazienti

- campione piccolo

- rivista come minimo di bassa caratura.

Direi che come prova di efficacia di questo “grano antico” è un po’ scarsina, per essere gentili. Se volessi difendere un prodotto particolare, farei uno studio dedicato a quel prodotto, non messo lì come uno dei tanti prodotti disponibili, e forse proverei a pubblicare su una rivista con un “impact factor” più importante.

Nota. Per una corretta valutazione bisognerebbe controllare tutta la bibliografia, in cui salta all’occhio una referenza bizzarra: nell’articolo si fa cenno al fatto che gli alimenti possano regolare il pH del sangue. Nella bibliografia ci si appoggia a uno studio fuori contesto, in cui queste regolazioni sono fatte sì anche per via orale ma con tamponi di bicarbonato, non certo con alimenti. Si tratta quindi di una verità “stiracchiata”, che non depone a favore dell’articolo.


Dottor Antonio Pacella – Nutrizionista

Questo articolo è carente sotto numerosi punti di vista.

- Manca un razionale per lo studio: in base a cosa sono stati selezionati questi alimenti? (perché il khorasan e non grano, orzo, farro o altri cereali integrali, ad esempio?)

- Si tratta di uno studio di pochi pazienti, non randomizzato, non in doppio cieco. 

- Cosa ha di antico il khorasan? Non esiste una definizione di “grani antichi” e comunque, ad oggi, non c’è alcuna evidenza che questi abbiano caratteristiche migliori rispetto agli altri.

- Cosa mangiavano prima le persone seguite?

- Quali sono state le quantità somministrate ai pazienti?

- Quale era la loro condizione fisica pre e post trattamento?

- Ci sono connessioni e/o conflitti di interesse tra questi ricercatori e i produttori di khorasan?

Uno studio così realizzato ha una valenza scientifica estremamente limitata, non dimostra nulla e non permette di affermare quanto dichiarato da Report.

 

Sulla base delle considerazioni sopra esposte, il nostro asker ha nuovamente scritto alla redazione di Report per riportare le dichiarazioni dei medici e per chiedere se non fosse il caso ritirare l’articolo con l’affermazione in questione, spiegando ai lettori/telespettatori che al momento non ci sono sufficienti e valide prove scientifiche in grado di sostenerla.

La redazione di Report però non ha più risposto.

L’iniziativa Chiedi le Prove è consapevole di come il dialogo sia l’unico modo per rendere una società realmente responsabile e attenta alle proprie esigenze. Rimaniamo sempre a disposizione qualora ci sia la volontà di dare origine a un dialogo che risulti costruttivo, ad esaminare nuove evidenze ed, eventualmente, a rettificare la nostra analisi con le prove che l’azienda volesse fornirci.

 

Bibliografia
 

[1] https://www.rai.it/programmi/report/inchieste/Il-kamut-non-esiste-840b2a1e-8d48-4a5a-b3bb-0232a1cce7eb.html

 

[2] https://www.facebook.com/watch/?v=3974598079323328

 

[3] https://www.thieme-connect.com/products/ejournals/abstract/10.1055/s-0040-1722380

 

[4] https://www.airc.it/cancro/affronta-la-malattia/come-affrontare-la-malattia/studi-clinici