Sigarette curative?

L'azienda smentisce

Sigarette curative?

Fumare è per molti un’attività piacevole, rilassante, un’occasione di socialità che però si trascina dietro un problema non trascurabile: danneggia gravemente la salute del fumatore. Non sarebbe bello se ci fosse un modo di fumare senza rovinarsi la salute? O, puntando ancora più in alto, non sarebbe bello se fosse possibile addirittura migliorare la propria salute fumando?
Le Nirdosh, che sono delle particolari sigarette preparate con erbe, semi e foglie vegetali, prive di tabacco, carta e nicotina, dichiarano di riuscire a fortificare il sistema immunitario e di avere degli effetti positivi su tutti gli apparati dell’organismo, in particolare quelli gastrointestinale e respiratorio, riuscendo anche ad alleviare i sintomi di bronchiti asmatiche, sinusiti con mal di testa, raffreddori cronici e problemi di voce. Queste proprietà benefiche sono dichiarate in alcune pubblicità delle Nirdosh (1,2,3,4), le quali hanno attirato l’attenzione di Andrea, che si è visto inoltrare alcuni messaggi su WhatsApp che pubblicizzavano gli effetti positivi di queste sigarette. Incuriosito dalle specifiche del prodotto, il nostro asker ha deciso di contattare via mail l’azienda produttrice, la “Herborea”, per chiedere di visionare la letteratura scientifica riguardo alle proprietà mediche delle erbe presenti nelle sigarette e per saperne di più sul meccanismo attraverso cui avvengono i miglioramenti di cui si parla.
La risposta arriva direttamente da un operatore dell’azienda, il quale rimane piuttosto colpito dalle affermazioni per cui è stato fatto l’ask, in quanto non risultano essere delle dichiarazioni fatte da loro; infatti, visionando il loro sito, riguardo alle Nirdosh viene solo detto che possono essere impiegate per provare a smettere di fumare e non vengono menzionate tutte le proprietà curative indicate nelle pubblicità che hanno fatto nascere l’ask. Pertanto ciò che è stato detto ad Andrea è che loro provvederanno a contattare i singoli siti web su cui sono riportate quelle informazioni e  forniranno ai loro rivenditori un testo unico da utilizzare per presentare correttamente le reali caratteristiche del prodotto, evitando così ulteriori fraintendimenti.


Questa storia può essere un buon punto di partenza per ragionare sul modo in cui ci rapportiamo alle informazioni, in particolare quelle che arrivano dal web. Sfortunatamente per noi tendiamo ad avere un approccio un po’ superficiale nel valutare l’attendibilità di ciò che leggiamo su internet e questo effetto è ben documentato e descritto in uno studio condotto dall’Università di Stanford, i cui ricercatori hanno osservato le reazioni di alcuni studenti a una foto pubblicata su un social network che mostrava una margherita deformata, la cui didascalia recitava: “Fiori nucleari di Fukushima. Ecco cosa succede ai fiori esposti alle radiazioni”. I ricercatori chiedevano se la foto rappresentasse una prova forte delle conseguenze delle radiazioni nucleari sull’ambiente.

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La foto che veniva mostrata dai ricercatori di Stanford durante lo studio, per verificare se l’immagine presentata venisse valutata come una prova degli effetti delle radiazioni sull’ambiente. Queste non sono delle margherite mutanti, il fatto che abbiano un aspetto così strano e inusuale dipende da una malformazione che può colpire diversi tipi di piante, nota con il nome di "fasciazione", e non ha niente a che vedere con le radiazioni nucleari.

 

Ciò che è emerso è che la maggioranza del campione reputava quell’immagine come una prova delle conseguenze delle radiazioni sull’ambiente; soltanto una piccola percentuale degli studenti (meno del 20%) si è posta delle domande sulla legittimità della foto, chiedendosi se fosse vera, se fosse stata scattata davvero a Fukushima e se rappresentasse realmente gli effetti delle mutazioni genetiche dovute alle radiazioni nucleari. Quindi solo un esiguo numero di persone si interroga sulla veridicità di quello che gli viene presentato, ponendosi domande sulla fonte o chiedendo delle prove. Una possibile spiegazione del perché ciò accade è che il nostro cervello è un economizzatore di risorse cognitive, un modo elegante per dire che siamo fondamentalmente pigri. Il cervello deve costantemente gestire una grande quantità d’informazioni e non può permettersi di fare delle analisi sofisticate e dettagliate in ogni circostanza, quindi se ha la possibilità di utilizzare delle “scorciatoie del pensiero”, che in psicologia sono note con il nome di euristiche, ciò viene fatto immediatamente. Le euristiche hanno per l’appunto il preciso scopo di semplificare operazioni mentali complesse, consentendo alle persone di compiere delle valutazioni rapide su fatti o situazioni quotidiane senza doversi per forza impegnare in lunghe e articolate analisi. Ciascuno di noi, nell’arco della propria vita, sviluppa delle euristiche che utilizza in base alle circostanze; un esempio di un’euristica utilizzata comunemente è quella della rappresentatività, la quale opera nel seguente modo: si raccolgono delle informazioni in merito a un evento specifico, le si confrontano con le caratteristiche di una categoria generale e si cercano delle corrispondenze tra l’evento e la categoria; se l’evento presenta caratteristiche simili alla categoria di riferimento molto probabilmente verrà valutato come facente parte di quella categoria. Questo processo può indurre a  ignorare delle informazioni che potrebbero far pensare il contrario. Il suo funzionamento lo si può notare prendendo come esempio lo studio sopracitato: la foto delle margherite deformate ha indotto buona parte dei partecipanti a valutare l’immagine come una forte prova degli effetti delle radiazioni nucleari sull’ambiente proprio perché le deformazioni fisiche sono comunemente associate agli effetti di queste ultime, quindi per chi vedeva quell’immagine veniva spontaneo ritenere altamente probabile che si trattasse di una prova delle conseguenze delle radiazioni e non di qualcos'altro, inducendo così i partecipanti a compiere delle valutazioni sbagliate.
È però importante precisare che le euristiche fanno parte del normale funzionamento cerebrale e sono di enorme utilità nella vita di tutti i giorni, inoltre spesso portano a conclusioni corrette, quindi non vanno assolutamente intese come un qualcosa di sbagliato a priori o come un difetto congenito che va corretto. L’unico problema è che se non si presta attenzione possono portare a dare credito anche ad affermazioni che sfiorano l’assurdo. La situazione in cui ci si trova a dover chiedere delle prove di un’affermazione o valutare l’attendibilità di una fonte è proprio un esempio di scenario cognitivamente dispendioso per cui non sempre si è propensi ad andare a fondo alla questione; soprattutto quando queste informazioni arrivano in momenti di relax, come quando si sta messaggiando con qualcuno e puntualmente arriva in allegato un link che rimanda a pagine che propongono chissà quale rimedio miracoloso per qualunque problema, o si legge sbrigativamente un manifesto per strada, oppure semplicemente si sta  chiacchierando al bar. Quello che consigliamo noi di Chiedi le Prove è di fare come il nostro asker Andrea: munirsi di buona volontà e sforzarsi di indagare la veridicità di ciò che viene detto, soprattutto se si parla di consigli per la salute, come è avvenuto nella storia appena presentata.

In conclusione l’azienda ha preso le distanze dalle affermazioni fatte da alcuni rivenditori sul loro prodotto e ringraziamo Andrea per averci dato la possibilità di trattare questo argomento.


L’iniziativa Chiedi le Prove è consapevole che il dialogo sia l’unico modo per rendere una società responsabile e attenta alle proprie esigenze. Rimaniamo sempre a disposizione qualora ci sia la volontà di dare origine a un dialogo che risulti costruttivo.